Mirea, tra tecnologia, progetti imprenditoriali e il potere della cultura
“Credo fermamente nel potere dell’educazione come strumento di emancipazione sociale ed Economica."
Ci racconti chi sei in tre frasi?
Sono un’imprenditrice nel settore dell’istruzione e della formazione tecnologica, con un forte interesse per l’innovazione e l’inclusione digitale. Ho fondato BIT - Beam Institute of Technology a Berlino, dove offriamo corsi di formazione in ambito tech, rivolti a persone che vogliono cambiare carriera e ad aziende che vogliono riqualificare il proprio personale. Credo fermamente nel potere dell’educazione come strumento di emancipazione sociale ed Economica.
Cosa ti ha spinto a intraprendere un percorso all’estero?
Volevo uscire dalla mia zona di comfort e confrontarmi con nuove sfide professionali e culturali. Oltre che in Germania, ho vissuto in Belgio, Regno Unito e brevemente in Cina. Ho scelto la Germania per fondare la mia azienda perché offriva un ecosistema favorevole per l’innovazione nell’istruzione e un forte supporto per iniziative rivolte alla formazione e all’”occupabilità”.
Quali sono, secondo te, gli elementi fondamentali per costruire una carriera all’estero?
Flessibilità e capacità di adattamento sono essenziali per affrontare le differenze culturali e professionali. È fondamentale costruire un buon network, perché le opportunità spesso derivano dalle connessioni giuste. Infine, bisogna avere una mentalità orientata alla crescita continua, imparando sempre qualcosa di nuovo per restare competitivi.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti e come immagini la tua carriera nei prossimi anni?
Punto a consolidare e far crescere BIT - Beam Institute of Technology, espandendo l’offerta formativa e rafforzando le collaborazioni con enti e aziende. Uno degli obiettivi è aprire nuove sedi per offrire formazione in più paesi e rendere l’educazione tech accessibile a un pubblico ancora più ampio. Vorrei anche ampliare la presenza dell’istituto a livello internazionale, con programmi su misura per mercati diversi. Nel lungo termine, mi piacerebbe lavorare su altri progetti imprenditoriali, combinando tecnologia ed educazione.
Qual è stata la sfida culturale che ti ha colpito di più appena trasferita? E come l’hai superata?
Una delle sfide più grandi per me è stata adattarmi al modo diretto e, a volte, brusco con cui si comunicano i tedeschi, soprattutto in ambito professionale. In Italia, siamo abituati a un approccio più empatico e relazionale, dove la cortesia gioca un ruolo chiave nella costruzione di rapporti. In Germania, invece, l’efficienza e la chiarezza sono spesso prioritari rispetto alla forma, e questo può inizialmente dare l’impressione di freddezza o scortesia. All’inizio, questo stile di comunicazione mi metteva a disagio, perché lo interpretavo come una mancanza di rispetto o di interesse. Con il tempo, però, ho capito che non si tratta di scortesia, ma di un diverso modo di interagire, in cui l’onestà e la chiarezza sono molto apprezzate. Ho imparato che rispondere in modo altrettanto diretto, senza eccessivi giri di parole, aiuta a guadagnarsi il rispetto e a costruire relazioni solide. Ora riesco a trovare un equilibrio tra il mio stile più aperto e il pragmatismo tedesco, ottenendo il meglio da entrambi gli approcci.
Cinzia Melograna
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