Da Design Director a Personal Trainer:
Quando ci si reinventa per passione
“Non capisce, forse, non ama il proprio paese chi non l’ha abbandonato almeno una volta, e credendo fosse per sempre.”
Dal libro America primo amore - M. Soldati.
Ci racconti brevemente chi sei?
Nato e cresciuto nell’hinterland milanese. Dopo gli studi al Liceo Scientifico, ho conseguito la Laurea in Disegno Industriale al Politecnico di Milano.
Cosa ti ha spinto a intraprendere un percorso all’estero?
Sin da bambino, ebbi sempre un certo interesse per tutto ciò che riguardava l’estero. All’università fui ammesso ad un anno di Erasmus presso la TU di Delft in Olanda. Quell’esperienza mi segnò definitivamente. Dopo la laurea, pur avendo trovato lavoro in Italia, cercai offerte oltre confine. Nel 2005 lasciai un contratto a tempo indeterminato, per un tirocinio di soli 4 mesi in uno studio di progettazione di Amsterdam. Sapevo che se non l’avessi fatto allora, probabilmente sarei rimasto in Italia per sempre.
E come si è evoluta, la tua.
Quei 4 mesi di internship diventarono poi 15 anni di lavoro in Olanda, dove feci carriera come Creative Director nel campo degli allestimenti museali. Ho realizzato mostre, esperienze immersive, attrazioni turistiche in Europa, Asia e Medio Oriente.
Per un grave infortunio in palestra, decisi di studiare da Personal Trainer. Con quel diploma, iniziai nel tempo libero a dare lezioni di gruppo in palestra, senza sapere dove questo hobby mi avrebbe portato.
Durante il COVID e grazie allo smart working, mi trasferii con il mio partner a Berlino nel 2020, mantenendo il mio lavoro di designer. Qui a sorpresa ricevetti molteplici richieste di lavoro nel fitness, tanto che nel 2023 decisi di lasciare la mia posizione di Creative Director per dedicarmi a tempo pieno al Fitness. Da allora collaboro con diverse palestre, seguo diversi clienti come Personal Trainer e mi occupo anche di meditazione e breathwork.
Quali sono, secondo te, gli elementi fondamentali per costruire una carriera all’estero?
Per me è stato cruciale il voler imparare la lingua locale. Mi ha infatti permesso di capire meglio la cultura lavorativa senza sentirmi svantaggiato e dandomi le stesse opportunità di crescita dei miei colleghi.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti e come immagini la tua carriera nei prossimi anni?
Vedo un grande potenziale nel combinare l’aspetto attivo del fitness con quello più consapevole della meditazione. Vorrei evolvermi verso il ‘coaching’ a livello più ampio. Il primo passo è organizzare ‘retreats’ dove l’attività fisica e il 'mindfulness' si combinino.
Qual è stato il momento in cui ti sei sentito più orgoglioso della tua carriera?
Ce ne sono stati a dir la verità due. Uno è il mio ultimo grosso progetto di design: un museo interattivo a Lisbona (Quake) basato sul grande terremoto di Lisbona del 1755. L’altro è il cambio di settore professionale all'età di 45 anni, dopo anni di lavoro da dipendente a libero professionista. Una liberazione.
Qual è stata la sfida culturale che ti ha colpito di più appena trasferito? E come l’hai superata?
La differenza nella costruzione dei rapporti di amicizia. Soprattutto in Olanda ho notato come ci volesse molto più tempo e ‘lavoro’ nel creare amicizie profonde.
Quali sono i tre principali vantaggi di vivere nel paese in cui risiedi?
Berlino in particolare: le scene culturali della città, la possibilità di essere ciò che si vuole senza grande giudizio, le zone verdi integrate nello spazio urbano.
Qual è il cliché italiano che senti di incarnare?
L’avere la valigia piena di mangiare quando torno dall’Italia.
Una citazione che ho segnato sul mio taccuino e mi appartiene tutt’ora:
“Non capisce, forse, non ama il proprio paese chi non l’ha abbandonato almeno una volta, e credendo fosse per sempre.”
Dal libro America primo amore - M. Soldati
Mara Zatti