Da Bergamo a Londra, e ritorno!

“A Londra, con il giusto atteggiamento e la voglia di fare, ti danno responsabilità ed opportunità in poco tempo, premiando il merito più che l’età o l’anzianità. Sapevo però che prima o poi sarei tornata.”

Ci racconti chi sei?
Sono nata a Cividale del Friuli, ma cresciuta a Bergamo.
Per anni ero convinta che sarei diventata pediatra. Poi, durante l’ultimo anno di liceo scientifico, ho realizzato che non ero pronta a passare altri dieci anni sui libri. Così ho virato verso la mia altra grande passione, i numeri, e mi sono laureata in Economia e Finanza, e da lì è iniziato il mio viaggio. Letteralmente.

Cosa ti aveva spinto a partire per l’estero e cosa ti ha motivato a rientrare?
La voglia di esplorare e mettermi in gioco.
Durante l’università ho fatto un Erasmus in Francia e poi un tirocinio in Cina. Due esperienze fantastiche, che mi hanno segnato. E quando ho finito l’università mi sono sentita soffocare. Avevo paura di intraprendere un lavoro in Italia che mi avrebbe vincolato. Così ho deciso di andare a Londra, la città per eccellenza per giovani in cerca di avventura ed esperienze lavorative.

Stare all’estero non è facile, soprattutto da sola. Ti devi creare il tuo mondo da zero: nuovo ambiente, nuovi amici, nuova routine. Ma ti tempra: ho imparato tantissimo e sono cresciuta non solo personalmente, ma anche professionalmente. A Londra, con il giusto atteggiamento e la voglia di fare, ti danno responsabilità ed opportunità in poco tempo, premiando il merito più che l’età o l’anzianità, cosa tutt’altro che banale.

Sapevo però che prima o poi sarei tornata. Sia per i miei genitori (figlia unica a rapporto!) sia perché amo l’Italia, nonostante le sue pecche. Mi ero sempre ripromessa che sarei ritornata solo per l’occasione giusta: niente compromessi dopo tanta fatica. E l’occasione è arrivata con Bending Spoons, che all’epoca era una piccola startup italiana ma con una mentalità internazionale.

Cosa hai imparato all’estero che ti ha aiutato in Italia?
All’estero ho imparato prima di tutto a cavarmela da sola. Quando vivi lontano da casa senza la tua rete di supporto, capisci che se non ti muovi tu, non si muove nulla. Ti costruisci da zero. E nel lavoro questa cosa fa la differenza: ti abitua a non mollare, a trovare sempre un modo, anche quando qualcosa va storto.

Inoltre le esperienze professionali a Londra mi hanno fatto crescere in fretta. Mi hanno dato responsabilità dal giorno zero, e ti ritrovi subito in una curva di crescita ripidissima (specialmente lavorando in startup). È un allenamento intensivo, ma impagabile. 

Ho imparato anche il valore di una mentalità internazionale: lavorare con persone di culture diverse ti apre la mente, ti insegna ad ascoltare, e guardare i problemi da prospettive nuove. È una scuola di empatia e flessibilità che poi torna utile in qualsiasi team.

Infine, vivere all’estero arricchisce anche il tuo curriculum: gli dà quella marcia in più che non si impara sui libri.

La sfida più grande nel rientrare in Italia?
La vera sfida è arrivata dopo: cosa fare dopo Bending Spoons? Dovrò di nuovo partire? Lasciare tutto? Nel mondo digital, e specialmente nelle startup, il turnover è abbastanza alto e spesso si cambia azienda ogni 4-5 anni. In Italia, però, trovare realtà altrettanto stimolanti non è sempre semplice.

Quindi, la vera sfida è continuare a crescere professionalmente, rimanere curiosi e non fermarsi, così da restare attrattivi per il mercato lavorativo.
Aprirsi a nuove possibilità, come il remote working, aiuta molto, perché ti permette di accedere a un bacino molto più ampio di opportunità. Ovviamente, la competizione diventa più intensa: non gareggi più solo con l’Italia, ma con tutta Europa e, spesso, con il mondo intero.

Quali sono le differenze culturali e i principali vantaggi di vivere in Germania?
In Germania sicuramente la qualità dei servizi e il livello degli stipendi. Fino a pochi anni fa avrei anche detto la sicurezza e il basso tasso di criminalità, ma magari oggi dipende anche un po’ dalla città in cui vivi. Direi, comunque, che il senso civico è maggiore che in Italia e questo ha una ricaduta positiva.

Guardando al futuro, come immagini la tua carriera in Italia?
Il mercato italiano si sta arricchendo sempre di più di startup ed aziende con mentalità internazionale che danno credito al merito ed offrono buone opportunità di crescita, ma sono ancora poche.
Per questo oggi lavoro con l’estero, da remoto, e mi piace così: mi stimola e mi permette di collaborare con startup early-stage, quelle con team da 5 a 30 persone dove tutto è ancora da costruire. È lo stage più divertente, quello in cui si sporca le mani e si viaggia a mille km/h.

Mara Zatti

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